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Meditazione

13.11.2012 20:08

Dalla esperienza degli antichi prenderemo in esame due punti di osservazione per comprendere la meditazione insegnata dal Buddha: la Vipassana e la Samatha.

La Vipassana (pali, in sanscrito: vipaśyana) una delle due principali forme della meditazione buddhista, detta anche meditazione di visione penetrativa o visione superiore, a differenza della meditazione Samatha, non è finalizzata al raggiungimento di stati di assorbimento meditativo e non ha un carattere astrattivo.

Al contrario, la meditazione Vipassana intende sviluppare la massima consapevolezza di tutti gli stimoli sensoriali e mentali, affinché se ne colga la reale natura e ci si incammini per tale via verso la liberazione.

La consapevolezza di sé e del proprio corpo non dev'essere limitata al momento della giornata riservato alla pratica.

In qualunque momento della sua giornata, colui che pratica questa forma di meditazione deve sforzarsi di essere consapevole di quel che sta facendo, delle sensazioni che prova e della propria attività mentale.

Questa forma di meditazione si è rivelata più adatta della meditazione samatha per la diffusione presso i laici, perché non ha bisogno della quiete di un monastero né di tempi di pratica particolarmente intensi per raggiungere risultati soddisfacenti.

Per queste sue caratteristiche, ha raggiunto una apprezzabile diffusione anche in Occidente.

In sintesi:

"la meditazione Samatha ha come oggetto di meditazione qualsiasi cosa; quindi abbiamo due fattori, l’oggetto e la mente che indaga. Nella Vipassana la stessa mente è l’oggetto e la mente cerca di esplorare sé stessa, con l’aiuto di una consapevolezza dell’atto della respirazione."


 

 

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